L'ing. Guido Magenta, nostro grande amico e collaboratore, ha rinvenuto fra i documenti di suo padre,, questo significativo manoscritto : una relazione che l'ing. Giorgio - uno dei progettisti delle Torri dello Stretto - ha tenuto presso una importante sede (forse un'università oppure una Unione di Industriali Milanesi) nel 1985 per celebrare il 30.mo Anniversario dell'inaugurazione della prestigiosa opera che ha reso celebre la SAE nel mondo..
Per un doveroso omaggio all'ing. Giorgio Magenta, uno dei Grandi Padri della SAE, e per ricordare le Torri sullo Stretto di Messina, costruite nello stabilimento di Acquate ben sessant'anni fa, abbiamo deciso di riprodurre l'importante documento qui sotto..
Chi attraversando lo stretto di Messina con il traghetto diretto dal continente alla Sicilia volge lo sguardo verso nord-est, scorge l’ingresso al Tirreno inquadrato da una sorta di arco trionfale costituito da un fascio di funi, alte 70 metri sul mare, sostenute da due imponenti torri metalliche che svettano dalla costa sicula e da quella calabra.
E’ questo il collegamento aereo elettrico realizzato trent’anni fa fra la Calabria e la Sicilia, allo scopo di effettuare scambi di energia tra l’isola e il resto dell’Italia.
Si tratta di un’opera notevolissima per quei tempi, ma che ancora oggi è vanto dell’ingegneria italiana, che nel campo delle costruzioni elettriche non è seconda a nessuno grazie anche al primato dell"Attraversamento elettrico dello stretto di Messina", denominazione ufficiale di questa opera che si impone sia all’occhio del Tecnico che del Profano, innanzi tutto per la presenza delle due torri.
Si tratta di due strutture in acciaio che per la loro mole fanno subito pensare alla torre Eiffel, anche se il confronto non è molto appropriato: la torre parigina deve sostenere solo se stessa e sopportare la spinta del vento, mentre le torri di Messina sono sottoposte in più ai carichi trasmessi dai conduttori da esse sostenuti
E’ ben vero che la torre che si specchia sulla Senna è alta 303 metri mentre le torri di Scilla e Cariddi si innalzano a … soli 225 metri, ma la prima pesa ben 9000 tonnellate mentre le seconde pesano solo 500 tonnellate ciascuna.
Queste differenze vengono sottolineate non per istituire una sorta di gara ma per mettere in evidenza due opere di ingegneria figlie dei propri tempi, distanziati di una settantina d’anni.
Oggi, dopo altri 30 anni (e quindi un secolo dopo la torre Eiffel), si parla di un altro attraversamento dello stretto di Messina non più con 6 esili (si fa per dire) conduttori ma con un ponte sospeso, con tanto di carreggiata e di binari, le cui torri di sostegno dei cavi portanti si innalzeranno ad oltre 500 metri.
Ma torniamo a parlare del nostro attraversamento, che è stato realizzato in un punto dello Stretto che presentasse una larghezza la più ridotta possibile, contemporaneamente alla possibilità di erigere la torre calabra in posizione piuttosto elevata, il che avrebbe permesso di realizzare le torri di minore altezza possibile.
Ne è risultata una distanza di 3650 metri (e cioè una campata record !) tra le torri, installate la sicula praticamente sulla spiaggia e la calabra a Caporafi alla quota di 165 metri sul livello del mare.
Per superare una campata di così eccezionale lunghezza è stato impiegato un conduttore altrettanto eccezionale costituito da una corda di circa 30 mm. di diametro, composta da fili di alluminio e di acciaio: questi ultimi in prevalenza (per ottenere la resistenza meccanica richiesta) rappresentando la sezione di alluminio meno del 15% della sezione totale del conduttore.
Alle nostre torri sono appesi ben sei di questi conduttori di tutto rispetto: quattro di questi sui mensoloni inferiori delle torri a quota 200 metri dalla base e due a una ventina di metri più sopra appesi all’estremità delle due mensole superiori.
Ciascun conduttore trasmette alla propria torre, nei punti di attacco, carichi in varie direzioni, che possono variare tra le 7 e le 25 tonnellate, ai quali si deve aggiungere la spinta del vento sulla torre che può arrivare a complessive 150 tonnellate.
Nel progetto delle torri si doveva anche considerare che esse sarebbero sorte in zona fortemente sismica e fu prescritto di mettere in conto un terremoto di grado X° della scala Mercalli.
In fase di progettazione, pertanto, fu realizzato un modello in scala 1:25 di una torre che venne sottoposto a prove nella galleria del vento del Politecnico di Milano e ad una simulazione di terremoto nella installazione per prove presso il costruttore.
Prove eoliche e sismiche fornirono una verifica della bontà del progetto.
Per tutte le membrature è stato impiegato un acciaio di alta qualità anche in considerazione del diffuso impiego della saldatura che ha permesso di portare a piè d’opera grandi complessi già composti in officina, limitando l’impiego di bulloni all’assemblaggio in opera di questi complessi.
Nel 1955 per progettare, costruire ed erigere strutture così importanti l’ingegnere non aveva l’ausilio dei calcolatori elettronici per sviluppare i suoi progetti e quindi possiamo immaginare l’impegno degli strutturisti; né le officine disponevano di macchine a comando numerico e di robot e quindi possiamo immaginare quale sia stata l’abilità dei tecnici di stabilimento; né le imprese potevano contare sui mezzi di sollevamento potenti e sofisticati di oggi e quindi possiamo immaginare quale sia stata la spericolata perizia dei montatori.
Si tratta di un’opera vanto del lavoro Italiano e sembra quindi questa la degna sede per celebrarne i 30 anni di vita.
GIORGIO MAGENTA